Descrizione
Paolo Bernardini
Fondazione Fabretti Editrice Torino, 2009
20,00€
Il tema del suicidio, l’argomento centrale di tutta la filosofia secondo la celebre formulazione di Albert Camus, attraversa l’intera storia intellettuale europea, e non solo europea, dalle origini della civiltà umana. Nella prima età moderna, da Montaigne nella Francia devastata dalle guerre di religione, fino a Kant ai tempi altrettanto tormentati della Rivoluzione francese, il suicidio diviene oggetto di un incessante, quanto talvolta esoterico e spesso scandaloso dibattito intellettuale: tra chi ne difende la liceità e chi lo condanna in modo reciso, tra chi lo osserva dal punto di vista storico e chi ne fa oggetto di romanzi di immenso successo, da Goethe a Foscolo, che segnano la nascita del best seller e anche la fine del suicidio come argomento tabù, da trattare con infinite cautele. In questo dibattito intervengono cattolici, protestanti, atei e libertini, sovrani e abati, casuisti e cronisti, ne scrivono Casanova e Kant, Hume e Voltaire, con argomenti tratti dal vasto arsenale concettuale medioevale – dove il suicidio venne ampiamente trattato, con grande plurivocità di posizioni – e soprattutto dal rèservoir classico, greco e latino, ma anche biblico. Per comprendere la genesi e l’evoluzione della modernità, il suicidio è forse la miglior cartina di tornasole, tra reticenze e provocazioni, interpretazioni fantastiche di miti classici e orientalismo nascente, tra evoluzione della teologia e del diritto e genesi delle codificazioni moderne. La morte volontaria porta con sé una messe di riflessioni che ci permette di osservare le dinamiche nascoste della modernità e i suoi legami fondanti con il passato classico, ebraico e cristiano.
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